La Storia
Alla fine della Seconda guerra mondiale, a Trieste e nell’Istria (sino ad allora territorio italiano) si è vissuto l’inizio di una tragedia: la “liberazione” avvenne ad opera dell’esercito comunista jugoslavo agli ordini del maresciallo Tito.
350.000 italiani abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia dovettero scappare ed abbandonare la loro terra, le case, il lavoro, gli amici e gli affetti incalzati dalle bande armate jugoslave.
Decine di migliaia furono uccisi nelle Foibe o nei campi di concentramento titini. La loro colpa era di essere italiani e di non voler cadere sotto un regime comunista.
Trieste, dopo aver subito più di un mese di occupazione jugoslava, ancora oggi ricordati come “i quaranta giorni del terrore”, visse per 9 anni sotto il controllo di un Governo Militare anglo-americano, in attesa che le diplomazie decidessero la sua sorte.
Solo nell’ottobre del 1954 l’Italia prese il pieno controllo di Trieste, lasciando l’Istria all’amministrazione jugoslava.
E solo nel 1975, con il Trattato di Osimo, l’Italia rinunciò definitivamente, e senza alcuna Contropartita, ad ogni pretesa su parte dell’Istria, terra italiana sin da quando era provincia dell’Impero romano.
Il 10 febbraio è il giorno che l’Italia dedica alla memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle Foibe e dell’Esodo dalle loro terre degli Istriani, Fiumani e Dalmati.
Dopo anni di ingiustificabile oblìo, finalmente lo Stato italiano promulga una legge (Legge 30 marzo 2004, n.92) la quale isituisce il «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale, con possibilità di concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati. Resta ancora aperta la ferita dei territori sottratti all’Italia.
Le Foibe, storia di un massacro
Le Foibe ( dal latino “fovea”, che significa “fossa”), non sono solo voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, create dall’erosione di corsi d’acqua, che possono raggiungere anche i 200 metri di profondità, ma rappresentano anchedelle inguaribili ferite nella memoria e nella coscienza di molti Italiani.
In quei luoghi, dall’8 settembre del 1943 e fino a tutto il 1946 ( a guerra conclusa), in Istria prima e poi nel territorio di Trieste e in gran parte della Venezia Giulia, i partigiani delle formazioni titine, cui erano in qualche caso aggregate formazioni partigiane italiane, usavano le foibe per eliminare, gettandoveli dentro, i “fascisti italiani”, militari o civili che fossero. Ben di rado l’eliminazione fisica e il conseguente ” infoibamento” avveniva mediante una semplice fucilazione.
Comunemente, prima di essere gettati nelle fosse, gli uomini e le donne, rastrellati e strappati dalle loro case e condannati senza processo alcuno, erano evirati, stuprati, accecati, torturati. Alcuni furono legati a cadaveri con filo spinato e quindi gettati vivi nei crepacci. Il numero così delle persone sterminate non è mai stato accertato. Nelle foibe furono precipitati civili d’ogni credo e colore politico, colpevoli esclusivamente d’essere italiani.
I colpevoli di tali crimini non sono mai stati perseguiti.
Ma quante furono le vittime delle foibe? Nessuno lo saprà mai! Di certo non lo sanno neanche gli esecutori delle stragi. Questi non hanno parlato e non parlano.
D’altra parte è pensabile che in quel clima di furore omicida e di caos ben poco ci si curasse di tenere la contabilità delle esecuzioni. Sulla base di vari elementi (escludendo Basovizza ) si calcola che gli infoibati furono alcune migliaia.
Più precisamente, secondo lo studioso triestino Raoul Pupo, “il numero degli infoibati può essere calcolato tra i 4 mila e i 5 mila, prendendo come attendibili i libri del sindaco Gianni Bartoli e i dati degli anglo-americani”. Alle vittime vanno aggiunti i deportati, anche questi a migliaia nei lager jugoslavi, dai quali una gran parte non conobbero ritorno. Complessivamente le vittime di quegli anni tragici, soppresse in vario modo da mano slavo-comunista, vengono indicati in 10 mila e anche più.
Belgrado non ha mai fatto o contestato cifre. Lo stesso Tito però ammise la grande mattanza. In alto abbiamo accennato a Basovizza; ma cos’è? Occorre precisare che questa tristemente famosa voragine non è una Foiba naturale, ma il pozzo di una miniera scavato all’inizio del secolo fino alla profondità di 256 metri, nella speranza di trovarvi il carbone. La speranza andò delusa e l’impresa venne abbandonata.
Nessuno allora si curò di coprire l’imboccatura e così, nel 1945, il pozzo si trasformò in un grande, orrida tomba.
Anche qui i deportati venivano prima catturati, poi fatti salire in autocarri della morte e con le mani straziate dal filo spinato venivano sospinti a gruppi verso l’orlo dell’abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo, chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia.
La maggior parte delle vittime venivano prima spogliate e seviziate. Per quanto riguarda specificamente le persone fatte precipitare nella foiba di Basovizza, è stato fatto un calcolo inusuale e impressionante. Tenendo presente la profondità del pozzo prima e dopo la strage, fu rilevata la differenza di una trentina di metri. lo spazio volumetrico – indicato sulla stele al sacrario di Basovizza in 300 metri cubi – conterrebbe le salme degli infoibati: oltre duemila vittime! una cifra agghiacciante.