Trattamento di fine rapporto, TFR, rapporto di lavoro privato

Corte d’Appello

Roma

Sezione lavoro

Sentenza 24 gennaio – 4 giugno 2008

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 20-11-2006 la parte ricorrente di cui in epigrafe ha proposto appello avverso la sentenza di cui in oggetto con cui il Tribunale di Roma aveva accolto la domanda proposta da Pa.Vi. nei confronti dell’IPOST, volta al ricalcolo del trattamento di buonuscita, sostenendone l’ingiustizia per erronea interpretazione della normativa regolamentante la fattispecie e chiedendone quindi la riforma, anche in punto di spese, con l’accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe.

L’appellato, nonostante la regolarità della notifica dell’atto d’appello, non si è costituito in giudizio.
All’odierna udienza la causa e stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Il Pa., già dipendente delle Poste Italiane SPA, ora cessato dal servizio, ha agito in giudizio per il ricalcolo del trattamento di buonuscita percepito con l’adeguamento di quanto maturato a tale titolo dalla data del 28 febbraio 1998 sino alla data di effettiva corresponsione da parte dell’IPOST e la conseguente condanna dell’Istituto al pagamento della differenza dovuta. Ha esposto a fondamento della domanda che l’IPOST, ente tenuto alla liquidazione del relativo trattamento, non aveva provveduto nel calcolare e liquidare l’importo dovuto a tener conto né della incidenza della rivalutazione medio tempore, maturata sulle somme corrisposte né dell’effettivo ultimo stipendio percepito al momento del collocamento a riposo. Il Tribunale ha accolto il ricorso. L’appello è fondato.

Osserva la Corte: l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni è stata trasformata in ente pubblico economico ai sensi dell’art. 1 DL 487-93, convertito in legge con L. 71-94, a far data dai decreti di nomina degli organi dell’ente, previsti dall’art. 3 dello stesso DL 487-93 ed emanati con DPR 23 dicembre 1993. L’ente è stato poi trasformato in società per azioni con decorrenza dal 28-2-1998, per effetto dell’art. 1, c. 2°, DL 487/93, come modificato dall’art. 2, c. 27°, L. 662-96, e della delibera del CIPE del 18-12-1997.

Ai sensi dell’art. 6 del DL 487-93 è stato previsto che il personale delle Poste resti, a seguito della trasformazione, alle dipendenze del nuovo ente con rapporto di diritto privato e che ad esso continuino ad applicarsi i trattamenti vigenti alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, fino alla stipulazione di un nuovo contratto collettivo di lavoro e, per quanto riguarda l’indennità in questione, che a decorrere dall’1-8-1994, per il personale in servizio presso l’Ente Poste Italiane, provveda, all’atto del collocamento a riposo o delle dimissioni, l’Istituto Postelegrafonici, applicando le norme previste per il personale statale.

L’art. 53, c. 6°, L. 449-97 ha dettato infine nuove disposizioni sui trattamenti di quiescenza, prevedendo che, a decorrere dalla data di trasformazione dell’Ente Poste Italiane in SPA, al personale dipendente della società spetta il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c. e, per il periodo lavorativo precedente, la indennità di buonuscita, calcolata secondo la normativa vigente per il personale statale. I due trattamenti sono stati tenuti dunque pienamente distinti, tanto da determinare separate operazioni di liquidazione e senza possibilità di desumere dalle regole che riguardano il TFR criteri o modalità di calcolo della indennità di buonuscita. Pertanto, esclusa ogni interferenza tra i due trattamenti e la possibilità di mutuare metodi di computo della indennità di anzianità dalla disciplina del TFR oppure dalle disposizioni del CCNL, unica fonte che regola la determinazione della indennità di buonuscita è costituita dal DPR 1032-73 (T.U. delle norme in materia di prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato). In particolare ai sensi dell’art. 3 della predetta normativa la indennità è pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all’art. 38 quanti sono gli anni di servizio e per la determinazione della base contributiva si considera l’ultimo stipendio o l’ultima paga o retribuzione integralmente percepite. L’art. 3 che individua la base contributiva prevede che questa è costituita dall’80% dello stipendio paga o retribuzione annui, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale iscritto al Fondo. Parte appellante nel quantificare l’indennità liquidata all’odierno appellato ha assunto come parametro di calcolo l’ultima retribuzione dalla medesima percepita in qualità di pubblico dipendente, quella cioè spettante al 27-2-1998. Tale impostazione appare corretta alla luce della richiamata normativa, non potendosi fare invece riferimento alla retribuzione percepita al successivo momento della effettiva cessazione del rapporto, considerato che il diritto alla indennità di buonuscita è intrinsecamente connesso alla qualità di pubblico dipendente del lavoratore, qualità venuta appunto meno alla data anzidetta, con la consequenziale evidente incoerenza, sotto il profilo logico-giuridico, della applicazione di un meccanismo di computo che si basi sulla retribuzione percepita non già per un rapporto di pubblico impiego, ma per un rapporto di lavoro subordinato privato, quale quello che ha connotato lo svolgimento del servizio reso dai lavoratori a seguito del mutamento dell’Ente Poste in società per azioni. Come sottolineato dalla Corte d’Appello di Salerno in fattispecie analoga (decisione n. 1033 del 10 giugno 2005) tale opzione ermeneutica non determina una illegittima compressione della quantificazione della indennità di buonuscita, connessa al mancato riconoscimento degli incrementi retributivi conseguiti dai lavoratori sino al momento della effettiva cessazione del rapporto e maturati in epoca successiva al febbraio 1998, in quanto i diritti dei dipendenti postali al riconoscimento dei benefici connessi alla anzianità di servizio sono ampiamente tutelati e garantiti dal doppio trattamento loro assicurato dal legislatore, che ha specificamente previsto, in ragione della diversa natura giuridica dei rapporti intercorsi, una regolamentazione volta a tutelare i lavoratori medesimi da effetti pregiudizievoli potenzialmente derivanti dal mutamento dell’assetto organizzativo strutturale del datore di lavoro.

Il Pa. lamentava la mancata previsione di un meccanismo di rivalutazione della indennità di buonuscita a far tempo dal 28 febbraio 1998 analogo a quello previsto per il TFR dai commi 4° e 5° dell’art. 2120 c.c.
Ma, come già osservato, e come affermato anche dalla Suprema Corte, i dipendenti delle Poste Italiane SPA collocati a riposo dopo la data di costituzione di quest’ultima hanno diritto alla erogazione del TFR secondo le norme del comune rapporto di lavoro privato (art. 2120 c.c.) solo limitatamente alla durata del servizio prestato successivamente alla data stessa, mentre, per il periodo precedente è loro dovuta la indennità di buonuscita liquidata secondo le regole che si applicano ai dipendenti statali (Cass. n. 16634/2004).

Sul punto si è peraltro recentemente pronunciato il Giudice delle leggi con sentenza n. 366 del 2006 che ha escluso la sussistenza dei denunciati vizi di illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 6 della legge 449/97 in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione. Secondo il giudice remittente la disposizione censurata, nello stabilire che la quota spettante a titolo di buonuscita sia corrisposta ai lavoratori postali nella misura maturata alla data di trasformazione dell’ente in SPA, e cioè al 28 febbraio 1998, quale che sia per ciascuno dei lavoratori la data di cessazione del rapporto, avrebbe dato luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento tra i dipendenti della società Poste Italiane e gli altri lavoratori privati, nonché all’interno della stessa categoria dei dipendenti postali, a seconda del tempo trascorso tra la suindicata data di trasformazione del datore di lavoro e quella successiva di cessazione del rapporto. La Consulta ha ritenuto non fondata la questione, affermando che la disposizione censurata deve essere valutata nell’ambito di tutta la normativa, come sopra richiamata, che ha regolato la trasformazione dell’azienda postale, dapprima nell’Ente Poste e, successivamente in SPA, e di quella correlativa inerente al rapporto di lavoro del personale. Sotto tale profilo, ha osservato il Giudice delle leggi, si deve osservare che il danno per i lavoratori, derivante dal differimento dell’erogazione della indennità di buonuscita rispetto al momento della sua determinazione, trova compensazione nella previsione della unicità del rapporto e nel rispetto delle anzianità maturate, con i conseguenti riflessi sui livelli delle retribuzioni e, quindi, sulla base di calcolo della quota del trattamento da determinare ai sensi dell’art. 2120 CC.

Per quanto precede, l’appello deve dunque essere accolto anche per quanto concerne la liquidazione delle spese di lite dal primo giudice contraddittoriamente poste a carico dell’IPOST nel dispositivo letto in udienza e compensate tra le parti nella motivazione della sentenza proprio facendo leva sul contrasto giurisprudenziale esistente sulla questione. In relazione alla complessità della fattispecie sussistono, infatti, giusti e concorrenti motivi per la integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie l’appello e, in totale riforma della impugnata sentenza, rigetta la domanda proposta da Pa.Vi. nei confronti dell’IPOST e compensa integralmente tra le parti le spese di lite anche del doppio grado.

Così deciso in Roma il 24 gennaio 2008

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