Il mobbing del lavoratore visto dalla Corte di Cassazione nella sua “Relazione”

La suprema Corte di Cassazione, in una sua recente relazione, ha fatto il punto sul fenomeno del mobbing, consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo.

La stessa Corte di Cassazione ha preso in esame anche le varie forme che il mobbing può assumere sul posto di lavoro e le relativa disciplina regolatrice sia a livello internazionale ed europeo, sia nazionale.

Dopodiché è passata ad analizzare la giurisprudenza sia penale, che di legittimità sull’argomento, nonchè anche la giurisprudenza di merito.
Per completezza sono state passate in rassegna sentenze ed orientamenti della gurisprudenza amministrativa e contabile, nonché la dottrina e le principali problematiche giuridiche.

Un altro problema particolarmente rilevante è costituito» dalla individuazione dell’obbligo di intervento del datore a tutela del dipendente mobbizzato al fine di rimuovere la situazione lesiva, e dalla correlativa possibilità di esigere dal datore di lavoro il comportamento atteso anche se occorra incidere sulla sfera della organizzazione dell’impresa ovvero dell’amministrazione pubblica».
Oltra ai vari tipi di danno da mobbing la Corte di Cassazione

Tutela risarcitoria e previdenziale
La suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che in materia del mobbing incidono larga misura tutte le questioni affrontate dalla dottrina e dalla giurisprudenza i relazione al tipo di danno risarcibile e, più a monte, alle categorie di danno configurabili come il danno biologico esistenziale, quello morale, quello psichico, nonché in caso di abbandono del lavoratore del posto di lavoro, del relativo risarcimento del danno, della reintegrazione nel posto di lavoro con l’obbligo per il datore di lavoro di rimozione del comportamento mobbizzante, della corresponsione delle relative retribuzioni e dei relativi contributi

La Cassazione ha poi sottolineato che l’art. 10 del T.U. sugli infortuni sul lavoro e malattie professionali n. 1124 del 1965 stabilisce l’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro ove operi l’assicurazione relativa, sempre che il datore di lavoro non abbia riportato condanna penale per il fatto dal quale l’infortunio è derivato e che la riforma del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, è oggetto di copertura assicurativa del danno biologico non lieve, ma non anche il danno esistenziale (al pari del danno morale, del danno biologico di lieve entità e del danno biologico temporaneo).
Da ciò ne deriverebbe par la stessa che l’ambito delle nozioni di danno biologico e di danno esistenziale contribuiscono a precisare i margini dell’intervento previdenziale e, rispettivamente, della portata dell’esonero della responsabilità datoriale.

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