attività lavorative svolte ai videoterminali.

Lavoro ai videoterminali: ennesima condanna all’Italia dal Giudice europeo

L’Italia subisce l’ennesima bocciatura da parte della Commissione Ce in materia di prescrizioni minime di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte ai videoterminali. In particolare la censura è relativa alla norma sulla dotazione, ai lavoratori videoterminalisti, di dispositivi speciali di correzione della vista in funzione dell’attività svolta (art. 55 comma 5 D.Lgs 626/94). Per la Corte di Giustizia, tale norma, nel recepire la direttiva 90/270/CEE, non definisce le condizioni alle quali i lavoratori videoterminalisti interessati, in relazione alle specifiche attività e mansioni di lavoro loro assegnate, devono essere forniti i dispositivi speciali di correzione della vista. L’art. 9, n. 3 della direttiva riconosce invece in maniera chiara e precisa il diritto dei lavoratori di usufruire dei suddetti dispositivi, qualora gli esami oculistici ne evidenzino la necessità, e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali.  
A nulla sono valse le difese del Governo italiano che ha sostenuto che i diritti e gli obblighi dei lavoratori e del datore di lavoro in relazione ai dispositivi speciali di correzione sono riconducibili al generale obbligo di predisporre dispositivi di protezione individuale.  La Corte ha sottolineato come tale assimilazione non sia possibile nemmeno sul piano concettuale, dal momento che mentre i dispositivi di protezione individuale hanno ad oggetto la tutela preventiva del lavoratore, i dispositivi speciali di correzione sono volti a porre rimedio a situazioni in cui i controlli medici pertinenti mettono in evidenza l’esistenza di un rischio effettivo per la salute del lavoratore che si è già manifestato. 
La valutazione finale della Commissione è stata quindi che “la previsione dell’obbligo del datore di lavoro di fornire ai lavoratori dispositivi di protezione individuale non garantisce l’effettivo riconoscimento del diritto che conferisce loro l’art. 9, n.3 della direttiva, il quale, nel caso dei lavoratori che svolgono attività su attrezzature munite di videoterminali, impone che vengano loro forniti dispositivi speciali di correzione quando i dispositivi di correzione normali si domostrino insufficienti”.E la terza volta che la Corte di Giustizia si pronuncia in tema di videoterminali e, per l’Italia, formalmente convenuta due volte in ricorso, si tratta della seconda bocciatura. Peraltro, rispetto al passato, il Governo italiano negli ultimi tempi ha mostrato una maggiore tempestività nella volontà di adeguamento della propria legislazione a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia. Il tentativo di adeguarsi alla sentenza di condanna di cui si è parlato è avvenuto con la legge n.39/2002 che contiene una norma che obbliga i datori di lavoro a dotare i lavoratori di dispositivi speciali di correzione nel caso in cui non sia possibile utilizzare i dispositivi di correzione normali. Tale norma tuttavia non prevede alcuna sanzione in caso di inosservanza, ciò significa che essa rischia di rimanere inattuata, ma significa anche che l’Italia è esposta all’eventualità di ricevere un’ulteriore censura in sede europea. C’è da augurarsi che a questo ulteriore inadempimento il Parlamento ponga rimedio, in via preventiva e spontanea, in sede di approvazione finale della legge di adeguamento comunitario per l’anno 2002.
Fonte: “Lavoro ai videoterminali: ancora una volta sotto la scure del giudice europeo” di Pierguido Soprani, in Igiene e sicurezza del lavoro-Mensile di aggiornamento giuridico e di orientamento tecnico, Ipsoa Editore

 

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