ACCERTAMENTI E TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI IN SOGGETTI NON COLLABORANTI. ESAME DI UN CASO PRATICO

1) NORMATIVA E INQUADRMENTO TEORICO1

Le norme che disciplinano la materia sono gli articoli 33, 34 e 35 della legge 833/1978 (in grassetto le parti salienti), oltre ai quasi omologhi art. 1, 2, 3 della legge 180/1978 (il cui testo si omette stante l’assorbenza della prima disciplina):

“Art. 33 (Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori):
“Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari.
Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, secondo l’articolo 32 della Costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco nella sua qualità di autorità sanitaria, su proposta motivata di un medico.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati dai presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. L’unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra servizi e comunità.
Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio, l’infermo ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno.
Chiunque può rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio.

1 Bibliografia essenziale: Sesta, L’erogazione della prestazione medica tra diritto alla salute e autodeterminazione e gestione ottimale delle risorse sanitarie, 2014; Mariotti-Genovese, Responsabilità sanitaria e medicina difensiva, 2013; Martino-Panzarola, Commentario alla riforma del processo civile, 2013; Santangeli e AA.VV., Riordino e semplificazione dei procedimenti civili, 2012; Jutta Maria Birkoff, Nozioni di medicina legale: uno strumento per le professioni giuridiche e sanitarie, pagine 147 e seguenti, 2011; Gulotta, Compendio di psicologia giuridico forense, criminale e investigativa, 2011; Canestrari, Trattato di biodiritto, 2011; Strippoli, Trattamenti e accertamenti sanitari obbligatori, 2010; Lenti, Palermo Fabris, Zatti, I diritti in medicina, 2011; Vergallo, Il rapporto medico-paziente consenso e informazione tra libertà e responsabilità, 2008; Venuti, Il trattamento sanitario obbligatorio, 2007; De Ferrari-Palmieri, Manuale di medicina legale per una formazione per una conoscenza, pagine 33 e seguenti, 2007; Battarino, Diritto dell’emergenza sanitaria, 2006; Mezzetti-Zama, Voce “Trattamenti sanitari obbligatori” in Digesto IV, 1999; Vannini, I trattamenti e gli accertamenti sanitari obbligatori in Italia, 1996; Casonato, Diritto alla riservatezza e trattamenti sanitari obbligatori, 1995; Bruscuglia, La legge 13 maggio 1978 n. 180, accertamenti e trattamenti volontari e obbligatori, 1979.

Sulle richieste di revoca o di modifica il sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti di revoca o di modifica sono adottati con lo stesso procedimento del provvedimento revocato o modificato.”

“Art. 34 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale).
La legge regionale, nell’ambito della unità sanitaria locale e nel complesso dei servizi generali per la tutela della salute, disciplina l’istituzione di servizi a struttura dipartimentale che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale.
Le misure di cui al secondo comma dell’articolo precedente possono essere disposte nei confronti di persone affette da malattia mentale.
Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presidi territoriali extraospedalieri di cui al primo comma.
Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell’articolo 33 da parte di un medico della unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma.
Nei casi di cui al precedente comma il ricovero deve essere attuato presso gli ospedali generali, in specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura all’interno delle strutture dipartimentali per la salute mentale comprendenti anche i presidi e i servizi extraospedalieri, al fine di garantire la continuità terapeutica. I servizi ospedalieri di cui al presente comma sono dotati di posti letto nel numero fissato dal piano sanitario regionale.

“Art. 35 (Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale e tutela giurisdizionale)
Il provvedimento con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida di cui all’articolo 34, quarto comma, corredato dalla proposta medica motivata di cui all’articolo 33, terzo comma, e dalla suddetta convalida deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune.
Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera.

Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è disposto dal sindaco di un comune diverso da quello di residenza dell’infermo, ne va data comunicazione al sindaco di questo ultimo comune, nonché al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune di residenza. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è adottato nei confronti dei cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero dell’interno, e al consolato competente, tramite il prefetto.
Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico della unità sanitaria locale è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, con le modalità e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso.
Il sanitario di cui al comma precedente è tenuto a comunicare al sindaco, sia in caso di dimissione del ricoverato che in continuità di degenza, la cessazione delle condizioni che richiedono l’obbligo del trattamento sanitario; comunica altresì la eventuale sopravvenuta impossibilità a proseguire il trattamento stesso. Il sindaco, entro 48 ore dal ricevimento della comunicazione del sanitario, ne dà notizia al giudice tutelare.
Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell’infermo.
La omissione delle comunicazioni di cui al primo, quarto e quinto comma del presente articolo determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio.
Chi è sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare.
Entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui al secondo comma del presente articolo, il sindaco può proporre analogo ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio.
Nel processo davanti al tribunale le parti possono stare in giudizio senza ministero di difensore e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso può essere presentato al tribunale mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Il presidente del tribunale fissa l’udienza di comparizione delle parti con decreto in calce al ricorso che, a cura del cancelliere, è notificato alle parti nonché al pubblico ministero.
Il presidente del tribunale, acquisito il provvedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e sentito il pubblico ministero, può sospendere il trattamento medesimo anche prima che sia tenuta l’udienza di comparizione.
Sulla richiesta di sospensiva il presidente del tribunale provvede entro dieci giorni.

Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, dopo avere assunto le informazioni e raccolto le prove disposte di ufficio o richieste dalle parti.
I ricorsi ed i successivi procedimenti sono esenti da imposta di bollo. La decisione del processo non è soggetta a registrazione.”

Limitando la disamina a quanto qui interessa, ovverosia, l’esecuzione dell’accertamento sanitario obbligatorio (d’ora in avanti A.S.O.) e del trattamento sanitario obbligatorio (d’ora in avanti T.S.O.) nei confronti di soggetti non collaboranti, è possibile affermare che le norme consentano di desumere caratteristiche unitarie dell’istituto, che orientano l’interprete a concludere per l’esistenza di una fattispecie giuridica a formazione complessa, che prevede la compartecipazione di più soggetti (personale medico specializzato, autorità amministrativa, autorità giudiziaria) e il compimento di una determinata cadenza temporale di atti (individuazione di una situazione di disagio psichico da parte di personale medico; provvedimento del sindaco che consenta di attivare soggetti capaci di contenere individui, anche solo potenzialmente, non collaboranti e pericolosi; verifica da parte di sanitari specializzati, con conseguente emissione di diagnosi destinata, se del caso, a limitare la libertà personale; controllo e convalida giudiziale). A.S.O. e T.S.O. sono, dunque, provvedimenti amministrativi, costituiti da manifestazioni di volontà della p.a., connessi all’esercizio di specifica attività amministrativa, destinati a modificare unilateralmente la condizione giuridica di un individuo. La p.a., lato sensu considerata (Sindaco, agenti di polizia, medici generici e specialisti, autorità giudiziaria), agisce in esecuzione del potere/dovere di tutelare salute e sicurezza individuale e pubblica, mentre il destinatario del provvedimento, pur conservando il diritto alla legittimità dell’azione degli organi dello Stato, è in una condizione giuridica di vera e propria soggezione. La legittimità di A.S.O. e di T.S.O., tuttavia, non deriva solo dalle norme ordinarie segnalate, ma trova, addirittura, il conforto nella Carta fondamentale, poiché se è vero che l’art. 13 comma 1 Cost. statuisce l’inviolabilità della libertà personale, il comma 3 della stessa norma autorizza l’adozione di provvedimenti urgenti e provvisori, posti in essere dall’autorità di pubblica sicurezza, destinati a essere controllati, convalidati o revocati entro 48 ore dall’autorità giudiziaria.

Come ogni provvedimento amministrativo, A.S.O. e T.S.O. debbono seguire un determinato procedimento amministrativo, ovverosia, quell’insieme di atti, tra loro collegati, destinati a realizzare un unico fine, con la conseguenza che, una volta accertato il regolare svolgimento dell’azione dei soggetti che hanno partecipato alla formazione dell’atto complesso, il destinatario del provvedimento non potrà dolersi d’alcunché.

Del tutto, ovviamente, trattandosi di atto amministrativo complesso con partecipazione di più soggetti, ciascuno risponderà per la propria condotta, ancorché non dovrà mai essere dimenticata la visione unitaria della fattispecie; occorrerà, pertanto, da un lato, stabilire se la procedura nel suo complesso

considerata sia rispettosa delle previsioni di legge, dall’altro, verificare che gli atti di ogni partecipante, pur magari non influenzando la correttezza formale e sostanziale del T.S.O., abbiano rappresentato illecito civilmente o penalmente rilevante.

2) A.S.O. E T.S.O.: ESAME DI UN CASO PRATICO

Al fine d’avere esatta contezza della dinamica che informa la pratica applicazione degli istituti, esaminiamo come la disciplina normativa di innesti su un caso pratico.

a) La richiesta di A.S.O.

Il corretto iter che consente di disporre un T.S.O. prende le mosse da un’istanza di
A.S.O. che soggetti interessati, molto spesso familiari, inoltrano all’autorità amministrativa locale. Nel nostro caso, possiamo ipotizzare una moglie e una figlia che, preoccupate per la salute del marito e padre, temendo per la propria incolumità personale, si rechino dal medico di famiglia, rappresentando un evidente stato di disagio connesso alla condotta dell’uomo. In dipendenza di ciò e in adempimento del proprio dovere, il sanitario, al corrente della situazione di disagio che moglie e figlia stanno patendo, attivava la procedura degli articoli 33, 34 e 35 della legge n. 833/1978 richiedendo, al Sindaco del comune di residenza del destinatario de provvedimento:

“Accertamento Sanitario Obbligatorio (A.S.O.) per valutazione specialistica psichiatrica presso il Servizio Psichiatrico dell’Ospedale di … ai fini di chiarire le condizioni cliniche e le eventuali necessità di cura per il signor … residente a … che presenta la seguente sintomatologia: numerose segnalazioni da parte dei familiari di comportamenti aggressivi, di minacce, di condotte e spese incongrue, assenze da casa improvvise, mancati rientri notturni”.

La richiesta soddisfa senza alcun dubbio la previsione di cui all’art. 33 comma 3 l. 833/1978, non solo perché un giudice, con provvedimento sul quale si tornerà, verificherà la correttezza dell’intera procedura, ma perché esiste perfetta coincidenza tra il contenuto dell’istanza e la disciplina legale, che esige l’emissione di un “provvedimento del sindaco … su proposta motivata di un medico”. In ordine alla motivazione, la richiesta del medico non deve avere un contenuto diverso da quello indicato, giacché né la norma né la prassi hanno mai evidenziato il dovere di dettagliare in modo particolare l’istanza, quasi si trattasse di un atto giudiziario. Una volta che il sanitario conosca – nel caso di specie per scienza propria e diretta per esserne il medico curante – la situazione di disagio psichico in cui versi una persona, da molti anni in cura per “distimia bipolare, con fasi depressive maniacali … da un anno in fase depressiva in terapia con i seguenti farmaci …”, non s’intende cos’altro occorra, oltre a quanto indicato, non per disporre un T.S.O., ma semplicemente per sottoporre a visita il destinatario del provvedimento, avviando l’A.S.O..

Una volta che il medico di base, che più d’ogni altro è a contatto con la patologia del suo paziente e le sofferenze della famiglia, evidenzi l’esistenza di “numerose segnalazioni da parte dei familiari di comportamenti aggressivi, di minacce, di condotto e spese incongrue, assenze da casa improvvise, mancati rientri notturni” si è di fronte a proposta chiaramente motivata, più che sufficiente ad avviare la procedura.

b) Il provvedimento del Sindaco

All’istanza del medico rivolta al Sindaco del Comune di residenza del destinatario, fa seguito il provvedimento amministrativo del primo cittadino, il quale, facendo riferimento alla certificazione sanitaria, deve disporre l’avvio della procedura, con evidenze del seguente tenore:

“Visti gli artt. 1, 2, 3 della Legge 13 maggio 1978 n. 180;
Visti gli artt. 33, 34 e 35 della Legge 23 dicembre 1978 n. 833;
Esaminata la richiesta di accertamento sanitario obbligatorio del dott. … e acquisita in data … in cui si attesta che il paziente … necessita per le sue condizioni psichiche di urgenti accertamenti medici, ai quali non è in grado di prestare il suo consenso … Ordina l’accertamento sanitario obbligatorio presso il Pronto Soccorso dell’ospedale Ospedale di … dispone che la Forza Pubblica e il personale sanitario da questa richiesto si rechino a domicilio del paziente … vi diano esecuzione …”.

Per quanto interessa, occorre rilevare che, in questa prima fase, non si è di fronte a statuizioni completamente restrittive della libertà bensì a disposizioni parzialmente limitative della stessa, destinate ad avere portata coercitiva solo eventuale, differita e condizionata all’accertamento medico specialistico compiuto sul periziando. L’A.S.O., infatti, rappresenta il primo passo di una complessa procedura che, sin quando non sarà seguito dal T.S.O. (o dal diniego di T.S.O.), deve essere valutato sulla scorta di criteri di verosimiglianza dei fatti che ne costituiscono il fondamento, non diversamente dal fumus boni juris che permea le procedure d’urgenza e gli accertamenti sommari.

Per convincersi che questo sia l’esatto angolo di visuale dal quale osservare la fattispecie è sufficiente porre mente agli interessi in gioco: da un lato, la libertà e la dignità della persona, dall’altro, la libertà, la dignità e la sicurezza sia di quella stessa persona destinataria dell’accertamento (la cui condizione psichica, spesso, non permette di ritenere tutelate), sia – come nel caso in esame – la libertà, la dignità e la sicurezza dei suoi familiari e degli altri consociati. Da qui la più che logica cedevolezza della condizione soggettiva dell’individuo bisognoso di accertamento sanitario a beneficio della communitas civium, secondo la previsione del comma 3 dell’art. 13 Cost..

Assolutamente inaccoglibile sarebbe, dunque, l’eventuale doglianza del destinatario del provvedimento, che volesse o contemporaneamente o successivamente tacciare d’illegittimità l’agire del medico e del Sindaco, i quali non avrebbero evidenziato sufficienti motivazioni per l’avvio della procedura. Del medico s’è già detto. Per quanto riguarda il Sindaco, cui viene rivolta istanza di
A.S.O. (non di T.S.O.), in condizioni di estrema necessità e urgenza (pericolo di un danno imminente alle persone), avanzata dai familiari, si evidenzia come il suo compito sia quello di verificare la documentazione medica allegata all’istanza, non potendo assumere le vesti né di un poliziotto indagatore né di un medico revisore. Se, infatti, taluno viene qualificato, in un atto dotato di pubblica fede, che tale deve intendersi la certificazione del medico curante, come soggetto cui ricodurre condotte pericolose, aggressive, violente nei confronti di familiari per un disturbo psichiatrico e, a cagione di ciò, destinatario di un A.S.O. da eseguire nel più breve tempo possibile, la pretesa d’un’indagine, volta ad accertare che la certificazione medica trovi riscontri obiettivi (a chi mai delegherebbe le indagini e sulla scorta di quali poteri?), dev’essere, senz’altro disattesa. Sufficiente è il vaglio della genuinità della documentazione presentata, la compiutezza del suo contenuto, così d’attivare, con sollecitudine, la tutela del bene privato e del bene comune.

Né il provvedimento del Sindaco che si è sopra proposto in via esemplificativa, che non conteneva il testo del certificato medico, poteva essere censurato con successo sotto il profilo formale, stante la motivazione redatta per relationem col richiamo al predetto certificato; questa tecnica di formazione dell’atto amministrativo è da tempo considerata valida sia dalla giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, 31/07/2015, n. 466; Cons. Stato Sez. III, 05/06/2015, n. 2791; Cons. Stato Sez. V, 26/05/2015, n. 264) sia da quella civile (Cass. civ. Sez. V, 15/05/2015, n. 9978; Trib. Treviso Sez. I, 26/05/2015; Cass. civ. Sez. V, 06/05/2015, n. 9068), la quale ultima lo considera addirittura idoneo a motivare le sentenze.

c) La materiale esecuzione dell’A.S.O.

Perfezionati gli atti amministrativi prodromici, occorrerà eseguire materialmente il provvedimento che, com’è facile intuire, costituisce un momento di particolare delicatezza. Accantonate, infatti, le ipotesi di spontanea adesione alla procedura, il destinatario scoprirà che un intero apparato amministrativo, azionato dai propri familiari e dal proprio medico di fiducia o da un sanitario che, in ogni caso, aveva conoscenza del suo stato di salute, s’è mosso in modo tale da provocare, in definitiva, un’importante limitazione della libertà personale.

In questo frangente, nella pratica possono verificarsi episodi di reazione emotiva anche violenta, che costringono le forze dell’ordine a intervenire con contenzioni fisiche. Nel caso in esame, nella successiva reazione giudiziaria del destinatario dell’A.S.O. e del T.S.O., era stata avanzata doglianza circa le modalità d’intervento delle forze dell’ordine, accusate d’aver provocato lesioni permanenti.

La dinamica degli eventi del caso proposto quale ideale riferimento, aveva visto moglie e figlia presentarsi a metà pomeriggio presso il comando di polizia municipale, in stato di evidente agitazione, per far presente i timori per la propria incolumità fisica, a causa delle percosse patite dal coniuge la mattina stessa; nell’occasione esibirono la fotocopia del certificato medico redatto dal medico di medicina generale, che chiedeva l’avvio di un A.S.O. nei termini sopra indicati. Sottoposta all’esame del Sindaco, nella stessa giornata determinò l’emissione dell’ordinanza riassunta, con delega alla polizia municipale di procedere all’accompagnamento presso il Pronto Soccorso dell’ospedale cittadino.

Accertato che l’uomo sarebbe rientrato a casa verso sera, fu disposto che tre agenti si recassero presso l’abitazione del destinatario dell’accertamento. Su indicazione dei familiari, presenti ai fatti, prima che il periziando accedesse all’immobile, nell’antistante parcheggio, i tre agenti si avvicinarono rappresentando il loro mandato d’eseguire un A.S.O., ne spiegarono la natura, consegnando a mani la certificazione del medico e l’ordinanza del Sindaco; a tutto ciò fece seguito l’invito a seguire spontaneamente gli agenti, salendo in auto per recarsi al Pronto Soccorso. La reazione iniziale fu turpiloquente, ma gli agenti riuscirono a riportare la calma facendo accomodare la persona sul sedile posteriore dell’auto di servizio. L’interessato dichiarò, tuttavia, che prima d’essere condotto in ospedale fosse suo diritto leggere i documenti che gli erano stati consegnati. Nel breve volgere di qualche istante, presa cognizione del contenuto di quanto consegnato, il soggetto diede in totale escandescenza: scese dal veicolo, stracciò il certificato medico e l’ordinanza del sindaco, spintonò con violenza uno degli agenti, che cadde a terra, tentò la fuga, gridando che non fosse sua intenzione d’assoggettarsi ad alcun accertamento sanitario. Questa situazione deve ritenersi pienamente idonea a determinare l’intervento restrittivo degli agenti, i quali, infatti, furono costretti a intervenire per contenere fisicamente l’attore, peraltro, di corporatura assai robusta, il quale, nel tentativo di liberarsi e fuggire, cadde insieme agli operanti, costretti, quale ultima ratio, ad ammanettarlo onde farlo entrare nell’auto di servizio. Nonostante la violenta e aggressiva reazione, gli agenti non smisero di rabbonire e calmare il soggetto che, infatti, si tranquillizzò dopo pochi minuti, tanto d’essere liberato dalle manette. Durante il viaggio verso l’ospedale il soggetto ridiede, tuttavia, in escandescenze, tentando di aggredire gli agenti e minacciandoli fino all’arrivo al pronto soccorso, ove fu preso in consegna dai sanitari.

d) Gli accertamenti sanitari e la proposta di T.S.O.

Come prescrive l’art. 34 commi 2 e 4:
“Le misure di cui al secondo comma dell’articolo precedente possono essere disposte nei confronti di persone affette da malattia mentale …
Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esitano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici … il

provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell’art. 33 da parte di un medico della unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma”

Dall’esame della cartella clinica emerge che l’interessato fosse nelle seguenti condizioni, le quali valgono anche a connotare la condotta tenuta dall’intervento degli agenti all’ingresso in P.S.:

“VALUTAZIONE:
Paziente affetto da Disturbo Bipolare … giunge per un A.S.O. accompagnato dalla polizia municipale, è clamoroso, rivendicativo, protestatario, acritico con riguardo al proprio stato di salute psichica. Si decide di valutare situazione per T.S.O.. Il paziente è da tempo insonne ed ha acquistato una barca in un altro paese per rifarsi una nuova vita. Insolente, turpiloquente, episodi di aggressività montante, l’ultimo dei quali nella giornata odierna nei confronti del coniuge.
DIAGNOSI:
Episodio maniacale
PROSEGUIMENTO:
Ricovero”

L’ospedale, dunque, assunse la proposta di T.S.O., da non confondere con il
T.S.O. vero e proprio. Appare, infatti, del tutto evidente che la condizione patologica di un soggetto, specie di natura psichiatrica, debba essere valutata nella sua dinamica e i sanitari intesero mantenere in osservazione per qualche ora il paziente, prefigurando il compimento di ulteriori passi verso il contenimento. Esattamente nei termini descritti dall’art. 34, secondo cui, come s’è visto, la proposta di T.S.O., eventualmente avanzata dal medico di P.S., deve essere poi convalidata dallo specialista autorizzato:

“… il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell’art. 33 da parte di un medico della unità sanitaria locale …”

La scadenza cronologica delle 48 ore non attiene, infatti, al periodo di tempo intercorrente tra la proposta di T.S.O. e la convalida di T.S.O., bensì tra la convalida del medico specialista e la notificazione al Giudice Tutelare (prime 48 ore), nonché tra la predetta notificazione e l’assunzione del provvedimento di convalida giudiziale da parte del Giudice Tutelare (seconde 48 ore), così come prescrive l’art. 35 commi 2 e 3:

“Il provvedimento con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida di cui all’articolo 34, quarto comma, corredato dalla proposta medica

motivata di cui all’articolo 33, terzo comma, e dalla suddetta convalida deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune.
Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera.

Mantenuto in osservazione per un giorno, circa trenta ore dopo l’avvio della procedura il medico specialista disponeva il T.S.O..

Riassuntivamente e schematicamente:

1) Accettazione in Pronto Soccorso
2) Valutazione da parte del personale medico ivi disponibile
3) Sottoposizione ad attività di osservazione, diagnosi e cura (che può richiede anche molte ore, come nel caso di valutare cause organiche per le quali sono necessarie analisi o, addirittura, colture)
4) Chiusura di questa fase con proposta di T.S.O.
5) Convalida della proposta di T.S.O. da parte dello specialista
6) Notifica entro le 48 ore successive al Giudice Tutelare
7) Esame da parte del Giudice Tutelare entro le successive 48 ore

e) Il decreto di convalida del Giudice Tutelare

Completato l’iter amministrativo, la fase conclusiva e il perfezionamento della procedura è rappresentato dal decreto di convalida del Giudice Tutelare. L’apertura della fase giudiziale costituisce momento di garanzia giurisdizionale, alla luce delle previsioni di matrice costituzionale, secondo cui non è possibile restringere la libertà personale se non “nei casi e nei modi previsti dalla legge” e, in ogni caso, solo con controllo dell’autorità giudiziaria (art. 13 Cost.).

Il Tribunale, cui è attribuita una penetrante facoltà istruttoria in materia, ha il compito di valutare tutti gli elementi e le circostanze inerenti il caso, dalla certificazione del medico di base, all’ordinanza sindacale, alle certificazioni mediche rilasciate. Qualora l’iter e i tempi fossero accertati come corretti, fermo restando il generale potere di sindacato di merito tipico della natura giurisdizionale della magistratura, il Giudice Tutelare convaliderà l’operato dell’apparato amministrativo, rendendo definitivamente esecutivo, quanto disposto dalla struttura ospedaliera, in ispecie, dallo specialista in psichiatria, che, caso per caso, avrà disposto o per il ricovero coatto o per il trasferimento in apposite strutture.

Il provvedimento del Giudice Tutelare è destinato ad assumere portata di giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c., quale riflesso di quello formale ex art. 324

c.p.c., nel caso non fosse impugnato. L’impugnazione è possibile avanti il Tribunale, cui appartiene il Giudice Tutelare che ha emesso il provvedimento, che decide in composizione collegiale con la partecipazione obbligatoria del pubblico ministero.

3) Linee guida.

Proprio in considerazione della delicatezza della materia la Conferenza delle Regioni ha emanato nel 2009 alcune raccomandazione in materia che possono essere considerate vere e propri linee guida. Alcune Regioni hanno, autonomamente, originato documenti non normativi, validi tuttavia quali indirizzi applicativi nel territorio (es. Regione Sardegna nel 2011). Risale al 2001 invece la Circolare n. 3 del Ministero dell’Interno con alcune indicazioni in materia.

Le suddette pubblicazioni costituiscono validi riferimenti operativi per tutti i soggetti coinvolti nei procedimenti di A.S.O. e di T.S.O..

 

Roberto Mattioni
avvocato del foro di Milano

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